Negli ultimi decenni è decisamente cambiato il modo di vivere il periodo della gravidanza e soprattutto il momento del parto, ed anche i reparti di ostetricia e ginecologia si sono adeguati alle nuove esigenze delle mamme.
Il “parto indotto” è una tecnica che consente di dare il via al travaglio mediante l’impiego di farmaci quali il gel prostaglandinico e l’ossitocina. Queste pratiche vengono eseguite in seguito al ricovero della paziente, che oltre ad essere dettagliatamente informata sulla procedura e sui rischi che comportano, e deve inoltre sottoscrivere il consenso al trattamento.
I casi più frequenti di “parto indotto” si verificano quando la gestazione si protrae oltre la quarantunesima settimana (post termine) ed anche quando, in una gravidanza a termine, il travaglio non si attiva entro le 48 ore dalla rottura delle membrane.
Fatta eccezione per questi due casi dettati da limiti prettamente temporali, il “parto indotto” viene consigliato in alcune situazioni caratterizzate da patologie pericolose quali il diabete gestazionale e la preeclampsia e non deve mai essere effettuato quando ci sono segnali di sofferenza fetale.
Una volta scelta la tecnica più adatta al singolo caso, l’avvio vero e proprio del travaglio in un “parto indotto” è molto soggettivo e si può verificare anche dopo 2 o 3 giorni. Nella pratica concreta il bambino è costantemente monitorato, mentre le contrazioni si presentano più intense e dolorose.
Negli ultimi anni, soprattutto in Italia, l’induzione del parto è spesso espressamente richiesto dalla partoriente sottoposta a numerosi e stressanti controlli e addirittura viene applicata dagli staff dei vari ospedali come prassi per far fronte ad esigenze legate all’organizzazione del reparto.
E’ importante sottolineare, però, che il “parto indotto” dovrebbe sempre essere la conseguenza esclusiva di precise situazioni mediche. In alcuni casi, infatti, l’induzione può provocare contrazioni troppo ravvicinate o addirittura troppo lunghe che possono ripercuotersi sul battito del feto. Inoltre, un travaglio fisiologico non indotto ha la metà delle probabilità di concludersi con un taglio cesareo.
Ci sono comunque noti metodi naturali come l’agopuntura, lo scollamento delle membrane e l’attività sessuale che non comportano rischi e controindicazioni ma che favoriscono l’avvio del travaglio.